La più antica fondazione degli Agostiniani a Corinaldo, Sant’Agostino Vecchio, risale a prima del 1292, quando è documentato il possesso da parte degli Agostiniani di quella chiesa con convento situati extra moenia. Nel 1294, per proteggersi dalle scorrerie delle soldataglie in seguito ai disordini susseguenti agli oltre due anni di vacanza del soglio pontificio dopo la morte di Niccolò IV, i religiosi si trasferirono all’interno delle mura cittadine, prendendo possesso della chiesa di San Niccolò. La proprietà di quest’ultimo edificio, ottenuta da parte del vescovo senigalliese Todino nel 1293, fu loro confermata da papa Gregorio XII il 2 febbraio 1409. Il 15 gennaio 1381, oltre alla conferma del possesso di San Niccolò, il vescovo di Senigallia aveva inoltre affidato agli Agostiniani anche l’oratorio di Sant’Antonio da Vienne. La chiesa di San Niccolò non è più esistente (si trovava dove oggi è la Biblioteca comunale), e di essa permane solo la traccia della curva absidale. Secondo le non molte notizie in nostro possesso, essa si sviluppava su due livelli sovrapposti; si trattava dunque, con ogni probabilità, di una Doppelkapelle con la zona inferiore destinata al popolo e quella superiore riservata ai frati e all’autorità vescovile.
La fondazione dell’attuale chiesa era già completata prima del 1767, mentre il convento fu costruito nei due decenni successivi su progetto dell’architetto Geminiano Carbonari. Nel 1860, con l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia, il governo decretò la confisca dei beni degli ordini religiosi soppressi, e gli Agostiniani furono allontanati dal convento. Quest’ultimo fu da allora trasformato in scuola, funzione che mantiene tuttora. La chiesa rimase invece aperta al culto fino al 1969; fu chiusa poi per restauri, in particolare alla copertura che minacciava il collasso, e riaperta nel 1987 con il nuovo titolo di Santa Maria Goretti, santa martire nativa del luogo.
La facciata della chiesa è in laterizio, con un primo ordine di paraste sormontate da capitelli tuscanici con trabeazione, sormontata da un timpano triangolare raccordato con volute. Altre paraste assai più aggettanti si notano nella parte alta delle fiancate. Il portale è quadrangolare e concluso da un timpano triangolare a base spezzata. All’interno la chiesa mostra uno spazio completamente intonacato, scandito da poderose colonne con capitelli corinzi sormontate da trabeazione.
Tra le numerose opere d’arte conservate nella chiesa si segnalano sculture di Domenico Egidi, capo scalpellino di Sant’Ippolito (XVIII secolo), un’Annunciazione di Federico Barocci e diverse tele di Claudio Ridolfi, allievo del Veronese.
Paolo Cruciani