A Recanati sono documentati due insediamenti: il primo, urbano, degli Eremitani antecedente il 1249 e il secondo, extraurbano, degli Agostiniani della Congregazione lombarda risalente al 1575, il cui convento era ubicato lungo la strada che dalla chiesa di San Francesco conduceva a Loreto, come risulta documentato nel Catasto Rustico di Recanati del secolo XVIII e nell’Estimo Urbano compilato in seguito all'Ordinanza Prefettizia dell’8 marzo 1809. A testimonianza di tale insediamento restano un’edicola sacra detta «Il Crocifissetto» e la casa rurale che conserva integro l’originario impianto cinquecentesco esterno. Non si conosce l’anno in cui fu demolita la piccola chiesa del Santissimo Crocefisso detto «da Longo», che il Calcagni definiva piuttosto come una piccola cappella rurale dotata dell’altare maggiore e di un altare laterale. Dalla testimonianza di Monaldo Leopardi risultava distrutta già nel 1828 come comprova il fatto che non sia annoverata nella Guida di Recanati dello Spezioli (1898). Dalla Relazione del 1650 si desume che «il sopradetto convento contiene di muraglie con la chiesa canne 40 e 10 coppi, quattro stanze e dui camerini, refettorio e cucina». Non si hanno notizie certe sulla data di fondazione della chiesa di Sant’Agostino che fu edificata sull’impianto preesistente, modesto e fatiscente, di San Lorenzo Martire. Prima del 1249, infatti, vi si riunirono i Brettinesi e circa venti anni più tardi iniziarono i lavori di costruzione della nuova chiesa intitolata a sant’Agostino. Presso questo luogo dimorarono gli Apostolini, anch’essi assoggettati da Innocenzo VIII nel 1484 alla regola di sant’Agostino.
Come riporta il Vogel nella bolla del 22 marzo 1249 non figura la fondazione di Recanati, che già doveva esistere perché antica. Degli Agostiniani si parla già alla metà del secolo XIII per la solita questione della distanza sorta con i Francescani. Questi nel 1252 si opposero alla decisione presa dagli Agostiniani di costruire una casa per le monache del loro Ordine in vicinanza del loro convento. La fabbrica fu iniziata e, nonostante l’intimazione del rettore della Marca, nel 1255 fu completata. Quindi la presenza degli Eremitani agostiniani prima del 1270 sembra essere testimoniata indirettamente dalla presenza di queste monache della regola di sant’Agostino che nel 1252 avevano incominciato a fabbricare un monastero tanto vicino al convento di San Francesco da essere separato da questo solamente dalla strada. In seguito alla bolla del 6 maggio 1255 emessa da papa Alessandro IV fu ordinata la definitiva demolizione di tale fabbrica. Nel 1276 vi dimorò per qualche tempo san Nicola da Tolentino. Non si trattò di un riadattamento o di un rifacimento di un impianto precedente ma di una nuova fabbrica. Ne costituisce prova la disputa con i domenicani apertasi nel 1270 sulla legalità della distanza (almeno 140 canne). La causa si chiuse a favore degli Agostiniani il 24 aprile 1298. Dalla Relazione del 1650 si evince che aveva una buona rendita fondiaria per il possesso di 163 ettari di terreno. Sotto il priorato di Lipparelli, intorno all’anno 1370, il convento e la chiesa, ad aula unica con terminazione absidale rettilinea e copertura a tetto, subirono delle trasformazioni: fu rimodernata con travature basilicali e lunghi finestroni ornati in cotto. Nel 1389 si hanno notizie relative alla vendita di alcuni beni che erano stati autorizzati sotto impegno di acquisizione da parte del convento o per l’edificazione di una cappella o per l’acquisizione di paramenti sacri. L’8 maggio 1391 il padre generale autorizza il convento alla vendita di un campo del valore di 100 ducati per i motivi di cui sopra. Lo stesso giorno il padre generale concede al convento di vendere diversi possedimenti per costruire il nuovo coro. Il primitivo coro fu sostituito nel rifacimento della chiesa del 1958. Nel 1868, abbattendo un muro di tramezzo di un corridoio, si rinvenne un tavolone di noce (170 x 70 cm) con scolpito sopra sant’Agostino, al centro dell’antico coro. Questo fu realizzato da Ludovico da Siena nel 1395 come documenta l’Herrera nella visita del convento del 1631 («ANNO DOMINI MCCCLXXXXV. LUDOVICUS DE SENIS ME FECIT TEMPORE PRIORATUS FR. LIPPARRELLI DE RECANETO»). Il coro antico fu sostituito successivamente nel 1623 sotto il prioraro di Terenzio da Pesaro. Gli Statuti compilati nel 1405 ci informano del fatto che il Comune cedette per la fabbrica della chiesa parte del suolo pubblico, e non senza ragione il Vogel assegna l’epoca della consacrazione all’anno 1390. Nel 1459 un violento incendio distrusse completamente il refettorio dei frati. Il restauro del convento fu sovvenzionato dal Comune di Recanati che nel 1479 elargì il contributo di venti ducati. Nel 1551 ottenne il titolo generalizio dal Generale Cristoforo da Padova. Anche l’archivio e la biblioteca furono distrutti da un incendio nel secolo XVII, i documenti indenni confluirono nella biblioteca della famiglia Leopardi. Il campanile, originariamente terminava con una cuspide che, danneggiata nel secolo XVIII da un fulmine, fu interamente abbattuta, rimanendogli così quella forma di torre con cui fu apostrofata da Giacomo Leopardi «torre del passero solitario».
Il portale, eseguito da Giovanni di Fiandra nel 1484 su probabile disegno di Giuliano da Maiano, dal centro della parete settentrionale fu portato sulla facciata di ponente che costituisce il vero ingresso della chiesa. Il prospetto lineare e piatto concluso ai lati da due lesene angolari, in origine, doveva presentare esclusivamente un rosone centrale e lateralmente ad esso, forse, due lunghi finestroni ora parzialmente chiusi. La facciata è decorata superiormente da una fila di scodelle in terracotta, le quali nella parte centrale sono disposte a forma di croce latina. L’ingresso era costituito da una porticina centrale formata da semplici cornici geometriche, ora scomparsa per far posto al portale in marmo d’Istria realizzato da Givanni di Fiandra nel 1484. Il portale è composto da quattro colonne, due delle quali addossate al muro e sorrette da due figure di animali alati le quali sostengono una ricca trabeazione intagliata con motivi ornamentali e testine di angeli. Al di sopra della trabeazione è situata la statua di sant’Agostino che è coperta da un arco a tutto sesto partente dal basso della trabeazione con all’apice il Padre Eterno Benedicente. Quest'arcata è fatta da mazzi di frutta l’uno rasente all’altro disposti a diadema, e nell'interno è cassettonata con teste di cherubini e rosoni alternati. All’interno, tra le colonne e la porta, corre un fregio di festoni di frutta, con due teschi del Minotauro, terminante col pellicano che lotta col serpente. Nel mezzo dell’architrave vi è un festoncino di frutta con lo stemma di Recanati. Detto portale era stato coperto da un timpano in legno, ora scomparso. Originariamente il portale era situato sulla parte longitudinale lungo via Calcagni, che pur nell’incompiutezza presenta evidenti tracce dell’impianto antico, forse per rendere più agevole il passaggio lungo quella strada. Questo fronte, caratterizzato esclusivamente dall’uso del laterizio, è scandito verticalmente da tredici lesene poco aggettanti dal muro che poggiano su uno zoccolo che probabilmente seguiva l’antico andamento del suolo. I quattro lunghi finestroni, leggermente strombati, sono sormontati da archi a tutto sesto riccamente decorati con motivi a losanga, a forma di piccole croci con concio in chiave scolpito oppure con archetti trilobati con pilastrini disposti a raggiera. Gli archetti sulla superficie d’intradosso presentano lo stesso motivo trilobato a tutto sesto e a sesto acuto con elementi decorativi a punta di diamante e a dentelli. La successiva tamponatura delle aperture ha modificato sia l’aspetto funzionale, eliminando le fonti di luce diretta, sia l’estetica dell’intera facciata. Queste lesene sono unite fra loro da un motivo di archetti consecutivi a tutto sesto formati da una serie di piccoli elementi in terracotta a forma di cubetti, sorretti da mensole sfaccettate. Nel punto d’intersezione degli invasi circolari destinati ad accogliere formelle in terracotta rimangono ancora piccole parti ancora visibili. La chiesa, originariamente a pianta basilicale e coperta da una sequenza unica di capriate doppie lignee con decorazioni, sostenute da mensoloni privi di decorazioni e poggianti tuttora sui muri perimetrali, fu ristrutturata ad aula unica nel secolo XVII dal bolognese Francesco Galli Bibiena cui si devono ascrivere anche altri contestuali interventi a palazzo Roberti-Carancini e a palazzo Bello. Da un piccolo accesso lateralmente al coro sono parzialmente visibili le colonne trilobate affrescate e inglobate nella successiva struttura barocca, che sorreggono le volte a crociera delle cappelle. L’abside era formata da due cappelle laterali e da una centrale, tutte e tre a crociera, le due laterali più piccole e innestate al corpo della chiesa, quella di mezzo più grande e uscente dal corpo di fabbrica. Degli antichi altari non è rimasta alcuna traccia, e le pitture che adornavano l’abside furono ricoperte. Gli affreschi presenti sulle colonne risalgono al secolo XIV. Del convento, che è stato adibito a edilizia popolare, rimane il chiostro che era addossato al lato sud del convento, che anticamente non era formato da un chiostro quadrato, bensì da un lato solo e precisamente da quello collocato in senso trasversale all’asse della chiesa, caratterizzato da una sequenza di archi a sesto acuto, rispetto agli archi a tutto sesto degli altri lati, sorretti da pilastri ottagonali con capitello stilizzato e lunette con affreschi di calce molto degradati. Il fabbricato verso via Roma fu edificato nel 1786 come risulta dall’iscrizione su targa posta sul muro che guarda verso il palazzo Ceccaroni; quello, verso il viale del Passero Solitario, dove ora è la caserma dei Carabinieri, fu edificato nel 1795 come documentato dall’iscrizione su targa apposta sul muro che guarda l’orto dei carcerati. Sull’ultimo lato della chiesa, addossata all’abside, rimane la sacrestia che in antico aveva aperture esterne comunicanti con la strada, ora tamponate. Nell’ambito della riutilizzazione di spazi e fabbricati indemaniati grazie alle leggi eversive del patrimonio ecclesiastico, si colloca anche la conversione dell’ex convento degli Agostiniani in caserma dei Reali Carabinieri e Carcere Mandamentale su progetto dell’ingegnere comunale Pietro Collina. Dopo le varie soppressioni, nel 1873 ospitava sette religiosi, tre nel 1908. Fu chiuso definitivamente nel 1985.
Si segnala sull’altare maggiore, in legno intagliato da Giuseppe Brandoni (1850) e dorato da Luigi Trucchi e Francesco Simboli, il Martirio di san Lorenzo attribuito a Filippo Bellini. Da segnalare di fronte all’altare laterale anche il medaglione bronzeo del Generale Francesco Dantini del recanatese Antonio Calcagni (1536-1593).
Tiziana Marozzi